HISTORY   ROCK     

Il passato che continua a farci vibrare

 

Ci sono suoni che non smettono mai di parlarci. Canzoni che restano vive, anche a distanza di decenni, e parole che continuano a ispirare nuove generazioni. ROCK HISTORY nasce per raccontare tutto questo: la forza di una musica che non è solo divertimento, ma anche ribellione, visione e identità.

Questa rubrica è un viaggio attraverso le epoche che hanno cambiato il rock per sempre. Ogni episodio ci porta dentro le storie dei dischi che hanno fatto la storia, dei concerti che hanno segnato intere generazioni e degli artisti che hanno avuto il coraggio di andare oltre i limiti. Non vogliamo solo ricordare il passato, ma farlo rivivere, capirlo e sentirlo ancora.

ROCK HISTORY è pensata per chi ama davvero la musica. Per chi vuole scoprire aneddoti, curiosità e legami profondi tra ciò che è stato e ciò che ancora oggi ci emoziona. Per chi crede che il rock non sia solo un genere, ma un modo di essere.

Curata da Drew e Ella Wild, questa rubrica nasce da una grande passione e da un amore autentico per tutto ciò che il rock rappresenta: libertà, espressione, verità. Ogni puntata è una porta aperta su un mondo che continua a parlarci, fatto di chitarre distorte, voci che graffiano l’anima e silenzi che dicono più di mille parole.

THE DOORS

 

Negli anni ’60, Los Angeles non era semplicemente una città: era una fornace culturale, un crogiolo di tensioni, sogni e rivoluzioni. Le sue strade brillavano di inquietudine, popolate da giovani in cerca di un altrove, immersi in un’atmosfera fatta di luci al neon, fumo dolciastro, guerra trasmessa in TV, amore libero e psichedelia. In quell’aria sospesa aleggiava una domanda che nessuno osava ignorare: “Dove stiamo andando?”

 

In questo scenario emerse Jim Morrison, nato l’8 dicembre 1943 a Melbourne, Florida, in una famiglia militare rigidamente disciplinata. Suo padre, George S. Morrison, sarebbe diventato contrammiraglio della Marina degli Stati Uniti. L’infanzia di Jim fu segnata da continui trasferimenti ,  Florida, Virginia, Texas, Nuovo Messico, California ,  che lo privarono di radici stabili ma alimentarono un immaginario in costante movimento. Secondo il suo racconto, un episodio avvenuto all’età di circa quattro anni lo segnò profondamente: un incidente stradale nel deserto, in cui un camion di nativi americani si era rovesciato. Guardando la scena, disse, “gli spiriti degli indiani entrarono in lui”. Questa immagine, reale o simbolica, divenne uno dei suoi miti personali, ricorrente nei testi e nelle poesie.

 

A scuola mostrava un’intelligenza vivace, anticonvenzionale, spesso provocatoria. Amava Dostoevskij, Huxley, Rimbaud, Nietzsche. Scriveva appunti criptici, frasi spezzate, riflessioni sui margini dei quaderni. La famiglia, di stampo militare, faticava a comprenderne i lati artistici e ribelli. A 17 anni si trasferì a vivere da solo, rompendo gradualmente i contatti con i genitori.

 

Dopo aver frequentato la St. Petersburg Junior College e la Florida State University, Morrison approdò alla UCLA, dove studiò cinema. Fu lì che la sua personalità artistica acquisì una struttura più definita. Divorava film e poesia: Cocteau, Fellini, Artaud, i surrealisti francesi, Ginsberg, Kerouac. Iniziò a sviluppare uno stile di scrittura visionario e non lineare, intriso di simbolismo, erotismo mistico, fascinazione per la morte come passaggio e metamorfosi, introspezione psicologica quasi sciamanica.

 

In the 1960s, Los Angeles was not merely a city, it was a cultural furnace, a crucible of tension, dreams, and revolution. Its streets shimmered with restlessness, teeming with youth in search of an elsewhere, immersed in an atmosphere of neon lights, sweet smoke, televised war, free love, and psychedelia. In that suspended air lingered a question no one dared to ignore: “Where are we going?”

 

 

It was in this setting that Jim Morrison emerged, born on December 8, 1943, in Melbourne, Florida, into a strictly disciplined military family. His father, George S. Morrison, would become a Rear Admiral in the United States Navy. Jim’s childhood was marked by constant relocations, Florida, Virginia, Texas, New Mexico, California, which deprived him of stable roots but fueled a constantly shifting imagination. According to his own account, a formative episode occurred around the age of four: a desert car accident involving a truck full of Native Americans. Watching the scene, he said, “the spirits of the Indians entered him.” This image, whether real or symbolic, became one of his personal myths, recurring in his lyrics and poetry.

 

 

At school, he displayed a lively, unconventional, often provocative intelligence. He loved Dostoevsky, Huxley, Rimbaud, Nietzsche. He scribbled cryptic notes, fragmented phrases, and reflections in the margins of his notebooks. His military-style family struggled to understand his artistic and rebellious sides. At 17, he moved out on his own, gradually severing ties with his parents.

 

 

After attending St. Petersburg Junior College and Florida State University, Morrison arrived at UCLA, where he studied film. It was there that his artistic personality took on a more defined shape. He devoured cinema and poetry: Cocteau, Fellini, Artaud, the French surrealists, Ginsberg, Kerouac. He began to develop a visionary, non-linear writing style, steeped in symbolism, mystical eroticism, a fascination with death as passage and metamorphosis, and a near-shamanic psychological introspection.

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